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KENYA - I RACCONTI DI CAMILLA - IL FACOCERO

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KISIKI
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Sab 25 Lug 2009, 11:31
I racconti di Camilla: Il facocero

KENYA -  I RACCONTI DI CAMILLA - IL FACOCERO Facoce10

Quante volte osservando un documentario ci siamo chiesti perché chi girava il filmato non sia intervenuto…..perchè nessuno della troupe fosse andato in aiuto al leoncino abbandonato ed esposto ai nemici, perché nessuno avesse portato l’acqua all’elefantessa morente o sbloccato dal fango l’antilope incastrata oppure più semplicemente quante volte abbiamo sentito dire che le scene di caccia fanno impressione e , soprattutto le donne, spesso dire che in quei filmati distolgono lo sguardo.
A volte nel documentario stesso viene spiegato perché nessuno interviene, per non turbare l’ordine delle cose imposto dalla natura, perché anche il predatore “cattivo” deve mangiare e i suoi cuccioli aspettano la carne e vogliono vivere tanto quanto il cucciolino di gazzella appena nato che funge da preda viva per il gioco dei cuccioloni dei ghepardi….. in ogni caso la pubblicità o il finale felice con un bel tramonto infuocato fanno dimenticare presto la tragedia e solitamente immagini della prossima generazione di animali fanno concludere con un messaggio positivo e di speranza…..ma quando si è davvero sul posto cosa accade?

Chi ritiene con sicurezza che mai interverrebbe, chi ha fatto della canzoncina sul cerchio della vita del “Re Leone” di Walt Disney il proprio motto per guardare ogni scena di documentari senza provare impressione o pretendere un intervento da parte di chi era presente, beh…. vorrei vederlo assistere in prima persona per vedere che reazione avrebbe.

Certo una caccia dal vivo è emozionante, adrenalinica quel tanto da superare il parteggiare per la preda o per il predatore e per godersi la scena in tutta la sua eccezionalità.
Quando infatti ci capita un appostamento o una caccia dal vivo mi piace sempre osservare i miei ospiti e le loro reazioni, ma quello che ci è capito una mattina di ottobre a Tsavo ha lasciato dubbiosa e piena di domande anche me….
Il game drive era stato molto bello, era stata una mattinata fresca e giraffe e alcelafi con la loro presenza a gruppetti qua e là sulle colline avevano dato un tocco da quadretto agreste ai nostri paesaggi…lasciati i prati stavamo attraversando una colata di lava ricoperta di basse acacie spinose e meravigliose e torreggianti euphorbie candelabrum, un paesaggio aspro e arido interrotto qua e là da zone di verde intenso, troppo fitto per poter scorgere qualcosa.

Passammo senza fermarci vicino ad un laghetto creato da una sorgente naturale, con uno spiazzo di terra battuta davanti e privo di cespugli intorno, solitamente ricoperto di un sottile e poco invitante straterello di alghe verdi non è tanto frequentato dagli uccelli come altre sorgenti che avevamo già incontrato e non mi sembrò opportuno fermarci, oltretutto cominciava ad alzarsi il sole e non volevo che i miei ospiti cominciassero a soffrire il caldo.
Mentre passavamo tutto sembrava fermo e silenzioso nel laghetto, quando vidi un ippopotamo a pelo d’acqua, strano, quel laghetto non è mai frequentato da ippopotami, ma quella testa aveva qualcosa di strano….no non era un ippopotamo….tornammo indietro per vedere meglio, automaticamente avevo collegato l’immagine ad un ippopotamo ma si trattava della testa di un facocero. Ehi c’è un facocero che fa il bagno!

Dicevano gli ospiti incuriositi, ma io sapevo che c’era qualcosa di strano….un facocero che fa il bagno ha la stessa aria ridicola,soddisfatta e rilassata che ci si aspetterebbe da un maiale sdraiato nel fango….ma questo per quanto immobile aveva invece l’aria di uno che cerca l’aria, di qualcuno prossimo ad affogare…l’inclinazione della sua testa era troppo alta, sembrava fissare il cielo e non si vedevano né la groppa né il fianco, il fatto poi che mantenesse questa assurda posizione senza muoversi gli conferiva un che di sinistramente comico.
Con il binocolo osservai meglio, e mentre cercavamo di capire di cosa si trattasse, il suino cominciò a spostarsi lentamente verso la riva e con misurata potenza qualcosa lo trascinò improvvisamente esattamente dove si trovava un attimo prima.
Fu allora che indicai ai miei ospiti di non guardare il facocero ma poco dietro di lui, una fila di dentellature triangolari affioravano sull’acqua, come la lunga coda di un dragone….la lunga coda di un coccodrillo fungeva da ancora e da timone in un lentissimo tira e molla da e per la riva.
Nel trambusto che seguì all’interno della nostra auto, binocoli che venivano puntati sul laghetto, rullini fotografici che venivano freneticamente cambiati, scambi di incredule osservazioni tra gli ospiti, in questo lasso di tempo non accadde nulla , il facocero continuava a fissare il cielo e la coda semisommersa era tutto ciò che tradiva la presenza dell’enorme coccodrillo.
All’improvviso accadde qualcosa, in un paio di secondi in tutto, il facocero fece un giro completo su se stesso finendo a testa in acqua e zampette all’aria per ritornare esattamente come era partito, nella stessa posizione, nel momento in cui riemerse gridò, un grido che ci agghiacciò, che zittì per un secondo le cicale che già frinivano forte sotto il sole alto, e che continuarono incuranti di ciò che accadeva nel laghetto, unico suono in un silenzio che sembrava opprimente e feroce quanto il sole.
Il facocero era piuttosto grosso, un grosso maschio, che probabilmente era andato a bere o addirittura a farsi un bagnetto di fango sulla riva del laghetto quando il coccodrillo doveva averlo preso , un grosso coccodrillo, abbastanza grosso da giocare a tira e molla col grosso suino.

Riuscimmo a vedere il coccodrillo, teneva il facocero solo con la punta del muso, un morso fermo e deciso sul fianco del facocero, non abbastanza saldo da strattonarlo troppo ma abbastanza per non lasciarlo finchè non fosse sfinito.
Non sapevamo da quanto tempo fossero lì, il facocero sembrava calmo e ben determinato a raggiungere la riva, arrancava trascinandosi dietro tutto il peso del coccodrillo che però non sembrava opporre resistenza e solo quando il facocero era prossimo alla salvezza, solo allora il coccodrillo cominciava a tirare indietro, facendo ricominciare il tragico sforzo del facocero, e ogni tanto , per fiaccare il determinato e forte suino, il coccodrillo gli impartiva il terribile giro della morte, ogni volta il facocero riemergeva a fatica, urlando e facendo bollicine dal naso, e sempre determinato, continuando a lottare in una guerra che sembrava già persa per lui, arrancava fino alla riva per essere strattonato al centro del laghetto una volta ancora.
Non era la rapida caccia del ghepardo, non era l’astuto appostamento delle leonesse, né la violenza delle iene, non c’era spazio per l’adrenalina che si dice cancelli il dolore delle prede, questa volta lo spettacolo era una lenta tragedia, con un finale già conosciuto ma ancora lontana dall’ultimo atto. “Ma perché non se lo mangia e la fa finita?”, “ forse non è abbastanza forte per ucciderlo e aspetta di sfinirlo sennò rischia di farlo scappare…” , “ se scappasse chissà se la ferita gli permetterebbe di sopravvivere…” , queste e altre domande si alternavano nell’ auto, l’unica certezza era che quel facocero non aveva nessuna intenzione di diventare il pasto del coccodrillo, la sua determinazione e la sua forza erano incredibilmente ferme e il poverino sembrava fare il gioco del coccodrillo senza rendersene conto.
Per quanto la nostra simpatia andasse al facocero, ad ogni giro della morte speravamo fosse definitivamente fiaccato e invece ogni volta ricominciava, dopo un po’ di bollicine in più e con più determinazione.
Non si poteva non parteggiare per lui, se non altro per la feroce determinazione con la quale intendeva salvarsi la pelle.
Certo, tutti erano consapevoli che anche il coccodrillo doveva mangiare, magari però poteva mangiarsi uno meno determinato, o quantomeno non proprio davanti ai nostri occhi, insomma il facocero era diventato il nostro eroico gladiatore nell’arena che meritava di avere salva la vita ma noi non potevamo alzare il pollice.
Oppure si. Mi aspettavo che qualcuno lo dicesse e infatti dopo un po’ di questa lenta agonia un ragazzo esordì “ con la macchina possiamo avvicinarci e gettando un sasso vicino al coccodrillo forse lo lascerebbe…..” da questa cominciarono altre mille proposte tutte volte a salvare la vita del nostro maialetto , e come mi aspettavo cominciarono anche le disquisizioni sul se fosse giusto o meno.
Per quanto colpita, sapevo che l’unica cosa giusta da fare era comportarci come se non fossimo mai passati di lì, continuo a pensare che l’unica cosa che possiamo lasciare in questo ambiente non più nostro è solo la nostra impronta e niente altro, se il facocero fosse stato in difficoltà da solo magari un piccolo aiuto non avrebbe creato nessuno squilibrio ma in questo caso aiutare lui significava danneggiare il coccodrillo.

Chissà quando sarebbe capitato ancora un altro facocero non attento da catturare e mangiare…..chissà se la selezione naturale stesse eliminando un facocero disattento o stesse facilitando la vita a un coccodrillo particolarmente capace, oppure era stato solo un caso e niente più….
In ogni caso cercai di convincere tutti gli ospiti che non era giusto intervenire e di comune accordo decidemmo di andare senza aspettare l’esito della battaglia, ognuno avrebbe scelto il finale che più gli piaceva pensare, tanto non sarebbe comunque cambiato nulla per i veri protagonisti.
Ce ne andammo mentre le cicale continuavano a frinire incuranti e sono certa che tutti maledirono in mente loro le cicale perché alla fine ci stavamo comportando esattamente come loro…

Bellissimo racconto......
TRATTO DA: MalindiKenya.net
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