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Kenya Africa, ladri di terra

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jannis
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Kenya  Africa, ladri di terra Empty Kenya Africa, ladri di terra

Gio 07 Apr 2011, 01:54
«Il rischio è che si crei un patto neocolonialista», tuonava Jacques Diouf, direttore generale della Fao (organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura), poco meno di tre anni fa. Il fenomeno del landgrabbing, lo scippo della terra nei Paesi in via di sviluppo, era in piena esplosione. Ricchi Stati del Golfo, imprese indiane, fondi d’investimento americani e inglesi, società europee erano, e sono, al centro di una caccia alla terra che si consuma soprattutto in Africa. La Banca mondiale in un suo recente rapporto (Rising Global Interest in Farmland. Can It Yeld Sustainable and Equitable Benefits?, 2011) afferma che tra il 2008 e il 2009 sono state annunciate acquisizioni di terreni pari a 45 milioni di ettari, una volta e mezza l’Italia. Ma, secondo altre organizzazioni, la cifra avrebbe già superato i 65 milioni di ettari. Fino al 2008 l’espansione delle terre destinate all’agricoltura avveniva a un ritmo inferiore ai 4 milioni di ettari l’anno.

Una corsa che molti credono non si fermerà. Perché se a mettere in moto il landgrabbing è stata l’esplosione di due tempeste, quella sui prezzi del cibo e la crisi finanziaria, a rafforzarlo contribuisce il terremoto demografico che ci aspetta tra meno di 40 anni.

Tra il 2007 e il 2008, i prezzi di riso, grano, soia, mais hanno subito aumenti straordinari. Per molti poveri, il pane è diventato un lusso. In 30 Paesi ci sono state rivolte che hanno contribuito ad aggravare la situazione. Lo scenario ha spaventato Stati quali Arabia Saudita, Emirati Arabi e Corea del Sud, che dipendono in larga misura dalle importazioni per sfamare le popolazioni, ma anche giganti come India e Cina, alle prese con il degrado ambientale e un futuro poco roseo per la propria produzione agricola.

«L’AFFARE DELLA VITA»
«Arriverà un momento in cui anche per chi dispone di denaro non sarà facile comprare alcune materie prime», è stata l’amara osservazione di Eissa Mohammed al-Suwaidi, ex direttore generale del fondo sovrano di Abu Dhabi. A preoccuparlo, più ancora della terribile crisi in atto, sono le prospettive per il futuro. Nel 2050 sulla terra vivranno 9 miliardi di persone: per sfamarle tutte, secondo la Fao, sarà necessario produrre almeno il 70% di cibo in più. Ma anche se la crescita demografica dovesse rallentare, come prevedono nuove stime, ad ampliarsi sarà la classe media mondiale. Milioni di cinesi e indiani avranno sempre maggiori disponibilità economiche e consumeranno più proteine: carne e derivati del latte. Questo significa aumentare gli allevamenti e quindi la produzione di cereali per l’alimentazione degli animali. A ciò si aggiunge la crescente sete di biodiesel ed etanolo legata alla svolta «verde» nelle politiche energetiche di Usa e Ue.

Dove si coltiveranno le tonnellate di soia e grano in più? E dove si pianteranno palme da olio e canna da zucchero? Come faranno i Paesi che non possono coltivare grano o riso sul proprio territorio a garantire la sicurezza alimentare ai propri cittadini? A molti governi la soluzione migliore è sembrata quella di assicurarsi la terra dove costa poco o nulla per coltivare il necessario per sfamare le proprie popolazioni. I fondi d’investimento bastonati dalla crisi, ma anche molte aziende dell’agrobusiness, hanno invece intravisto in questo Risiko un’occasione di profitto. «L’agricoltura sarà l’affare della nostra vita», ha sentenziato un guru di Wall Street, Jim Rogers. La recente fiammata nei prezzi del cibo, che a febbraio hanno fatto registrare un nuovo massimo, sembra rafforzare la sua tesi e getta un’ombra sul destino dei milioni di affamati nel mondo.

AFRICA TERRA DI CONQUISTA
La Banca mondiale ha calcolato che il 70% degli accordi di cessione della terra sono stati sottoscritti in Africa, soprattutto in Etiopia, Sudan, Mozambico. La ragione principale è che nell’Africa subsahariana si concentra la maggior parte (circa il 45%) della terra adatta alla coltivazione non ancora sfruttata e vi sono risorse idriche sottoutilizzate. Ma, soprattutto, la terra costa poco. Susan Payne, amministratore delegato di un fondo d’investimento britannico nato per investire nella terra d’Africa, ammette che la terra nel continente nero costa molto meno che in altre aree del mondo ed è convinta che chi investe nel suo fondo possa aspirare a profitti anche del 25%.

In realtà, in molti Paesi africani la terra non si può comprare, ma soltanto affittare per periodi che possono arrivare fino a 99 anni. Lorenzo Cotula, ricercatore dell’International Institute for Environment and Development (Iied) di Londra, ha studiato una serie di contratti siglati in Africa, scoprendo che le tariffe per la concessione della terra variano da un dollaro all’anno per ettaro dell’Etiopia ai 13,80 dollari del Camerun. Ma in alcuni casi, come in Senegal o Mali, non viene chiesto alcun compenso.

Questa svendita viene giustificata dai governi come un modo per attrarre i capitali necessari alla creazione di infrastrutture. «Se vuoi che la gente investa nel tuo Paese devi essere pronto a fare concessioni», spiegava, nel 2008, Isaiah Kabira, portavoce del presidente del Kenya, commentando l’avvio delle trattative per la cessione al Qatar di 40mila ettari di terra nel delta del Tana. Gli emiri avevano promesso, in cambio, di spendere quasi 4 miliardi di dollari per realizzare, tra le altre cose, un porto nell’isola di Lamu. L’Etiopia ha offerto 1,8 milioni di ettari agli investitori indiani, la Tanzania ha creato una banca della terra «libera». L’Office du Niger, l’ente maliano che amministra la zona risicola lungo il fiume Niger, dispone di due milioni di ettari dei quali, avverte, soltanto 84mila sono «messi a valore». Su 100mila ha già messo le mani la Malybia, società partecipata dal fondo sovrano libico.

La contropartita promessa dai cacciatori di terra sono strade, impianti di stoccaggio e trasformazione, insieme alla creazione di posti di lavoro per la popolazione. Sulla carta gli accordi sembrano vantaggiosi. Per poter nutrire il mondo nel 2050, secondo la Fao, bisogna investire almeno 83 miliardi di dollari all’anno nei soli Paesi poveri, dove la produttività dei campi è bassa e spesso i contadini non sono in grado di sfamare la propria famiglia. Tutti quei soldi non ci sono nelle casse degli Stati africani, ma cedere la terra «su cui cammina il popolo», per dirla con il capo indiano Cavallo Pazzo, non sembra davvero la soluzione. «Molti dei contratti non sono equilibrati sotto il profilo economico - scrive Cotula. In certi casi si permette agli investitori di scegliere le zone che preferiscono e non viene chiesta alcuna valutazione d’impatto sociale o ambientale dei progetti». Ci sono Paesi che non impongono limiti al possesso di terra da parte di stranieri, che godono spesso di vantaggiose esenzioni fiscali. Con il diritto all’uso della terra viene trasferito quasi sempre anche quello a sfruttare l’acqua: a che prezzo? E che cosa accadrà quando l’«oro blu» scarseggerà?

«Tanti progetti sono mal concepiti e chi investe è più interessato a speculare sull’aumento di valore della terra piuttosto che ad avviare una produzione», avverte la Banca mondiale. Anche la capacità dei governi di far rispettare gli accordi viene messa in dubbio dagli analisti, che sottolinea­no come il diritto internazionale offra tutele forti agli investitori. E finisca, a volte, per porli anche al di sopra delle leggi nazionali.

Tra i più diffusi, e in certi casi controversi, meccanismi per mitigare i rischi degli investimenti all’estero, vi è la clausola di stabilizzazione che obbliga i governi a non modificare il quadro normativo in senso che possa compromettere il progetto finanziato con capitali stranieri. Gli investitori, in questo modo, puntano soprattutto a mettersi al riparo da colpi di mano, ma nei fatti possono scampare all’applicazione di più stringenti leggi sulla protezione dell’ambiente, a più severe regolamentazioni del lavoro, perfino a una rafforzata tutela dei diritti umani.

CONTRATTI OSCURI
La verità è che non è facile sapere cosa ci sia scritto in quei contratti. Il livello di segretezza delle trattative raggiunge livelli talvolta paradossali e può dar vita a conseguenze devastanti. Ad Alipe (Ghana), un’azienda norvegese si è quasi assicurata 38mila ettari di terra grazie all’impronta del pollice di un capo villaggio, considerata alla stregua di una firma autentica. Gli abitanti lo hanno scoperto soltanto quando sono arrivate le ruspe ad abbattere gli alberi di karité. Solo l’intervento di una Ong locale è riuscita, poi, a bloccare l’abbattimento. In Tanzania è successo che il ministro dell’Agricoltura smentisse un accordo con i coreani annunciato il giorno prima dal portavoce del presidente. «La mancanza di trasparenza e di controlli sui negoziati crea il terreno di coltura per la corruzione e per accordi che non sono [conclusi] nell’interesse pubblico», è l’allarme lanciato dai ricercatori dell’Iied.

In Africa oltre il 90% dei terreni nelle zone rurali sono utilizzati da comunità e villaggi che lavorano i campi o pascolano il bestiame in base a diritti consuetudinari forgiati nel tempo: diritti spesso fragili. Le compensazioni versate in caso di esproprio sono spesso insufficienti e non ripagano della perdita della terra. Questo nonostante esistano convenzioni delle Nazioni unite che proteggono diritti ancestrali delle popolazioni indigene. Non solo, se contadini e pastori nomadi vengono cacciati dalla loro terra, se alle donne viene tagliata la strada per accedere alle sorgenti e ai più poveri viene impedito di nutrirsi di ciò che regala la natura si viola il diritto fondamentale di potersi sfamare, come ha più volte dichiarato Olivier de Schutter relatore speciale dell’Onu sul diritto al cibo.

Fao e Banca mondiale stanno lavorando a un codice di condotta cui gli investitori sono chiamati (non obbligati) ad attenersi, ma associazioni contadine e Ong sono convinti che non sia sufficiente e l’ultimo vertice del Comitato sulla sicurezza alimentare della Fao (ottobre 2010) ha invocato una moratoria sugli accordi per il trasferimento della terra. Chissà se qualcuno darà loro ascolto.

di Franca Roiatti
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Gio 07 Apr 2011, 19:39
Direi che questo bell'articolo getti nuova luce sulla controversa norma della nuova costituzione kenyota che vieta il possesso di terra agli stranieri. Forse i legislatori che hanno redatto quell'articolo sono stati più previdenti di quanto si credeva.
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Gio 07 Apr 2011, 21:23
Quando vedo la maggior parte dei terreni incolti, o coltivati malissimo, mi chiedo che senso abbiano gli articoli sopra. Quando vedo gente rifiutare terreni che il villaggio mette a disposizione, perchè lavorare la terra costa sacrificio, mentre è più facile chiedere aiuti agli stati più ricchi (spesso senza dare nulla in cambio) mi chiedo perchè certa gente ben informata come chi scrive il lungo articolo sopra non viene qualche anno in Africa.

Il presidente Cinese è stato molto tempo in Kenya, e di certo la Cina sta acquistando l'africa con il consenso degli Africani, e la legge in oggetto non ha nulla a che fare con questo argomento.

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Gio 07 Apr 2011, 22:04
scusa kecaldo se mi intrometto in una discussione senza averne le conoscenze la mi vuole essere solo una domanda per capire meglio con il vostro aiuto:di certo è vero che la cina sta acquistando l'africa! con il consenso dell'africano ministro spesso corrotto o degli africani inteso come popolo?A tutt'oggi spesso ho letto di governi africani che hanno governato solo per il loro tornaconto non certo per il bene della popolazione tant'è che se l'africa in toto (non solo il kenya)e rimasta tale e' opera in gran parte dei governi corrotti e dei governanti il cui unico pensiero era di accumulare tesori per se!
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Ven 08 Apr 2011, 15:57
Cara Marina, molto spesso un governo è eletto da un popolo. :-) Il governo ne rappresenta a mio parere a grandi linee anche il carattere.
Detto questo, la Cina sta prendendo il controllo di molte regioni del terzo mondo perchè ad altri paesi non interessano.
Perchè non c'è interesse?
1) Perchè altri paesi vogliono risultati in tempi relativamente brevi.
2) La Cina guarda molto avanti.
3) L'Africa al limite pensa all'oggi.

Per questi motivi è felice di ricevere investimenti e aiuti dalla Cina che sta costruendo strade, porti, e linee elettriche. (non è che regala niente, ma concede finanziamenti che vanno ad aumentare il debito)
Perchè lo fa? Perchè deve utilizzare le enormi risorse del continente in un prossimo futuro.

Con buona pace dei politici corrotti, e del popolo corruttore e aspirante ad essere tale. che ne ricava un utile immeddiato oggi e probabilmente bricciole domani. Ma domani è un altro giorno!

Testa Dura

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Kenya  Africa, ladri di terra Empty Kenya l’Africa ‘affamata’ vende le sue terre

Ven 14 Ott 2011, 22:40
Negli ultimi mesi si è parlato molto dell’emergenza nutrizione nel Corno d’Africa:
l’emergenza fame per centinaia di migliaia di bambini tra 12 milioni di persone senza cibo né acqua in Somalia, Etiopia, Gibuti, Kenya.
La crisi frattanto dilaga nell’intero Corno d’ Africa, verso il Kenya e l’Etiopia dove almeno 135mila cittadini somali si sono già riversati tra gennaio e luglio alla ricerca di cibo, e 3mila ogni giorno vi stanno ora migrando. Oltre 11 milioni di esseri umani rischiano di morire per fame, altri la denutrizione e il degrado.
L’Africa, dove una buona parte degli abitanti fatica ad avere un tozzo di pane ogni giorno, VENDE le sue terre ad altri paesi. Cina, India e paesi Arabi in testa acquistano (o affittano) ogni anno svariati etteri di terreni africani e sudamericani per coltivarli e produrre cibo per la propria gente:
È legittimo ormai chiedersi se ci troviamo di fronte all’inizio di un nuovo imperialismo agricolo. Questa domanda, non retorica, del New York Times fa riferimento a dati che confermano la progressiva e veloce colonizzazione di terreni agricoli in diversi Paesi dell’America Latina, dell’Asia e soprattutto dell’Africa. Siamo ormai alle soglie di una vera e propria “corsa alla terra”, considerata un bene prezioso per poter fare fronte ai previsti cali di produttività dovuti al cambiamento climatici. I Paesi ricchi ma privi di risorse naturali, in Medio Oriente, Asia e altre zone del mondo, cercano di avviare la produzione di generi alimentari dove i campi sono abbondanti e a buon mercato
Ed ecco che arriva la corsa all’acquisto. Cina in testa:
La corsa alle terre sta velocemente cambiando la faccia di intere regioni e l’elenco dei Paesi e dei gruppi che si affacciano su questo nuovo mercato aumenta. Oltre ai coreani, che controllano 1,6 milioni di ettari, si distinguono il Giappone con 922.000 ettari, gli Emirati Arabi con 1,61 milioni di ettari, l’India con 1,64 milioni e la Cina con 3,4 milioni di ettari distribuiti tra Europa, Asia, America e soprattutto Africa. Soltanto in Repubblica Democratica del Congo i gruppi cinesi si sono appropriati di ben 2,8 milioni di ettari di terreni produttivi. Nella geografia delle terre agricole non bisogna sottovalutare i gruppi privati, come la coreana Daewoo, che controlla 13.000 kmq in Madagascar.
Accade anche questo:
I Paesi del Golfo, Arabia Saudita, Bahrain, Oman, Qatar (che controllano il 45% del petrolio mondiale), constatavano di non essere più a lungo in grado di dipendere da mercati regionali e globali per procurare alimenti alle loro popolazioni. Perciò si sono affrettati ad accaparrarsi terre in Africa e sono i pionieri di questo agri-colonialismo per assicurare risorse alimentari alle loro popolazioni. Le implicazioni geopolitiche di ciò hanno avuto l’effetto che il cibo è probabilmente diventato l’ambita materia prima, al pari del petrolio, in un prossimo futuro.
Il Bangladesh si compra una parte di Uganda e Gambia:
Nella lotta alla scarsità dei prodotti alimentari di base, il Bangladesh ha intrapreso la strada dell’affitto delle terre africane. Come già fatto dalla Cina e dall’India, il governo di Dacca ha dato il pieno appoggio al piano che porterà due importanti aziende nazionali a produrre riso, grano e cotone nei terreni coltivabili inutilizzati in Africa. I Paesi che hanno firmato l’accordo con le compagnie del Bangladesh sono l’Uganda, il Gambia e la Tanzania. Gli ettari di terreno che verranno concessi sono circa 50mila e consentiranno un incremento della produzione tra il 60 e l’80 per cento.
Questa sorta di neocolonialismo non è molto pubblicizzata, non se ne parla molto. Che senso ha indignarsi per la situazione tragica del Corno d’Africa senza poi condannare le pratiche vergognose che le potenze emergenti stanno attuando proprio in un continente già in ginocchio.

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Sab 15 Ott 2011, 09:25
Mi chiedo come mai la gente muore di fame se ci sono terre da coltivare?
Se altre persone (non importa la nazionalità)coltiva terre che attualmente sono incolte, perchè dovrebbe morire più gente di fame ?
Ora se altri iniziano a coltivare terre da secoli incolte, creando quindi infrastrutture e lavoro, perchè dovrebbero peggiorare le condizioni ?
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Dom 16 Ott 2011, 00:11
Concordo con te che esistono tanti terreni incolti o coltivati male, o destinati al pascolo di pochi animali, e non mi soffermo sul perché una terra fertile viene lasciata incolta, è un altro dibattito interessante e intrigante.
Il fatto che imprese estere acquistano o affittano quei terreni che effettivamente rendono pochissimo oggi ma magari molto di più un domani, di fatto comunque vengono sottratti alle popolazioni locali e i loro figli, precludendo senz'altro lo sviluppo alle popolazioni locali.
Certo che chi compra o affitta, coltiva quello che ritiene utile e opportuno per i suoi interessi nazionali o il profitto, non certo per uno sviluppo sostenibile e l'interesse della comunità locale.
L'esempio l'abbiamo anche vicino, nel delta di Tana River. Era nel 2009 quando una società Canadese si mosse, con un progetto di $300 milioni, affittando terreni per un tozzo di pane (1 dollaro di affitto annuo per 1 ettaro di terreno coltivato), piantando jatropha per produrre biocarburante!!
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ayub
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Mar 21 Ago 2012, 17:13
salve a tutti. sono ayub, keniota IN ITALIA.
a dire la verita' quando lego tutti questi discussioni sul africa e soprattuto su quello che sta succedendo con i LADRI che vanno in africa a comprare i terreni senza ne' anche a pensare al futuro di questa povera gente, e poi mi ditte che questi sono investimenti per aiutare l' africa che non e' capace di sfruttare i suoi terreni??!!!!!
vi chiedo solo una cosa, sapete quanti europei e amercani che hanno fatto gli investimenti in kenya da anni e anni, pure l'unica cosa che abbiamo quadagnato noi e' solo lo sfruttamento delle nostre terre, mano d'opera che sempre pagato una miseria e poi tutti i prodotti vengono venduti in europa e america lasciando sempre l'africa a fare la fame con qell 40 euro di paga ai nostri famiglia.
quindi non e' Evil or Very Mad Evil or Very Mad Evil or Very Mad comprare i terreni in africa e coltivarli dalla parte di queste persone senza ne anche un minimo di umanita' che salvera' l'africa.
questo e solo un inizio di neocolonialismo.
mi viene da ridere quanto sento l'europa e l'america con questi storie di G8 a parlare e discuttere su come salvare l'africa e il sud america dalla poverta' mentre sono loro i primi a investire in africa con questi speculazioni sul bio-carburante!!!!!.



Ultima modifica di ayub il Mar 21 Ago 2012, 19:14 - modificato 1 volta.
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Mar 21 Ago 2012, 17:49
Concordo con ayub hai perfettamente ragione. Bisogna dare gli strumenti al popolo kenyano in modo che possano costruirsi il loro futuro. Ma gli stessi governanti kenyani non hanno l'interesse che cio' avvenga e continuano a far vivere nella miseria e ignoranza il popolo kenyano . Secondo loro, la paura che l'allievo superi il maestro e' grande...
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ayub
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Mer 22 Ago 2012, 02:08
grazie mille billa, voglio prima scusarmi per gli errori grammaticali che spesso ho nel scrivere in italiano.
certo che i nostri governi africani non hanno nessun voglia di aiutare la gente africano, e' qesto lo vediamo bene nel modo in cui i nostri politici ci tengono in ignoranza pure per riuscire ad afare i loro interesi.sapiamo che non e' giusto che un paese cosi come il kenya, conosciuto nel mondo per la sua storia, la sua meraviglia naturale,e il suo piano strategico
non e' in grado di garantire almeno i diritti principale del umanita' come sanita', aqua, sicurezza e educazione. e questo lo abbiamo scritto ormai da per tutto.tutto il mondo lo sa'!!, lo sano i poveri, i nazione potenti del mondo e sono contento perche lo sano anche i giovani del mondo occidentale.!!!

sono convinto che se il kenya vuole uscire verramente da questa situazione lo puo' fare. basterrebe prima di tutto a garantire questa gente e sopratutto i giovani africani l'educazione.perche e' la conoscenza la bataglia di oggi!!!!! se no rimmaremo sempre la preda a questi governi africani corroti senza pieta'.
E su' questa che il mondo occidentale che e' sempre la' a discutere su come aiutare l'africa deve investire!!!..... invece di fare quelle leggi come quello su la regolamento di immigrazione per gli stati africani su qui ogni anno per esempio l'talia mette a disposizione mille posti di lavoro per gli stati africani dove sono solo richiesti ingenieri e medici che devono lasciare i loro paesi!!!!,questi paesi africani che hanno piu bisogno!!!, Crying or Very sad per venire in europa perche si paga bene, questi posti possono essere utile se vengono datti ai giovani a venire a stiudare perche e su questo che si deve lavorare se si vuole verramente a salvare l'africa e il popolo africana."la malattia grave in africa,e l'ignoranza nella major parte del continente africana"
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Gio 23 Ago 2012, 13:25
ayub, non scusarti per gli eventuali errori grammaticali ! Scrivi benissimo in italiano cheers ( al volte meglio di noi !! )
hai ragione, l'istruzione è alla base di tutto !
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Dom 16 Set 2012, 18:50
KeCaldo ha scritto:Mi chiedo come mai la gente muore di fame se ci sono terre da coltivare?...................

bella domanda questa .
forse la risposta sta nel ...... bisogna imparare a coltivare diversamente il terreno senza depauperarlo e sfruttarlo al limite delle sue possibilità , forse bisogna ridare la sovranità alimentare agli abitanti , o cercare di valorizzare i prodotti locali a scapito di quelli importati , forse bisogna capire che non sono le sementi OGM che fanno il miracolo , cerchiamo di tutelare le biodiversità esistenti anche se producono frutti piccoli o storti , cerchiamo di utilizzare bene le risorse idriche , e di insegnare come trasformare i prodotti in eccedenza . cominciamo ad insegnare queste cose nelle scuole portando i bambini a toccare con mano e vedere che è possibile realizzare degli orti secondo questi criteri e vedrete che loro capiranno subito .

spieghiamo e aiutiamo la popolazione a capire questi principi e avremo sicuramente aiutato il popolo africano a ridurre la sua fame .


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