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Kenya Suggestioni fotografiche

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Kenya  Suggestioni fotografiche Empty Kenya Suggestioni fotografiche

Gio 14 Giu 2012, 17:31
Suggestioni fotografiche,
“WoMen in Africa”
Dopo Nairobi, Malindi e la Malpensa ora è a Monza. La mostra fotografica di Ludovico Maria Gilberti, unica iniziativa italiana presente nel calendario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Anno internazionale per le persone di discendenza africana, è stata prorogata e sarà visitabile all’Arengario di Monza fino a fine mese

MONZA – Dopo Nairobi, Malindi e la Malpensa ora è a Monza.
La mostra fotografica di Ludovico Maria Gilberti “WoMen in Africa – No Color One Color”, unica iniziativa italiana presente nel calendario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Anno internazionale per le persone di discendenza africana, sarà visitabile all’Arengario fino a fine mese.

L’evento, curato da Fanny Abbà dell’Associazione Culturale fuoriSerrone, è realizzato in collaborazione col Comune di Monza e ha ottenuto il patrocinio dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, del Ministero degli Affari Esteri, dell’Ambasciata d’Italia in Kenya, del Consiglio regionale della Lombardia, della Provincia di Milano, della Provincia di Varese e della Provincia di Monza e Brianza.

“Il progetto è nato nel 2010 – racconta Gilberti, 60 anni – quando come ‘fuoriSerrone’ abbiamo voluto accogliere la sollecitazione di Navy Pillay, Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, per la realizzazione di un evento che fosse un momento di aggregazione e di consapevolezza per promuovere una maggiore conoscenza e rispetto per le diversità del patrimonio culturale delle persone di discendenza africana.
Per me è stato naturale rispondere all’invito, essendo legato sentimentalmente alla terra africana e in particolare al Kenya.
Ci sono stato la prima volta nel 1971, cui sono seguite numerose altre visite, che mi hanno dato modo di comprendere meglio la natura e lo spirito degli indigeni, spesso rappresentati nel mondo occidentale in maniera superficiale, quasi sempre come gente sofferente, per guerre o carestie.
Le mie sono invece foto poetiche e naturalmente rappresentano un messaggio contro il razzismo.
Tutte le foto, infatti, sono in controluce, per sottolineare l’uguaglianza dell’uomo nelle diverse razze. Quello che ho voluto evidenziare è che ognuno di noi ha un patrimonio culturale, una storia, un’identità e peculiarità che sono influenzate dal contesto in cui si nasce e si vive e non dal colore della pelle”.

I quadri fotografici di Gilberti sono stati divisi in sei “capitoli”: costruzione dell’Eden, origine, incontro, people, aMare, anima.
Osservarli per qualche secondo equivale a proiettarsi in un mondo silenzioso fatto di misticismo e lavoro, un “paradiso terrestre” africano molto simile a quello che poteva essere l’Umbria di San Francesco: povertà, dignità, rapporto intimo con una meravigliosa natura e con Dio.
Senza colori pastello, ma con un utilizzo di luci e ombre perfetto, ideale per far riflettere.

“Inizialmente la mostra doveva essere ospitata solo all’aeroporto della Malpensa – spiega Gilberti – ma dopo aver conosciuto l’ambasciatore italiano in Kenya sono riuscito a esporla a Nairobi e a Malindi; ora è nella mia città, Monza, ma mi piacerebbe portarla a Lampedusa, ponte tra l’Europa e l’Africa, e a New York, al Palazzo di vetro dell’Onu”.

Sogna Gilberti, ma spesso i sogni s’avverano.
Quando da ragazzo, alla fine degli anni Sessanta, cominciò a scattare fotografie, a sviluppare rullini e a dipingere a olio mai avrebbe immaginato un giorno che le sue opere venissero esposte in una mostra itinerante internazionale.
“La pittura l’ho abbandonata per mancanza di tempo quando ho iniziato a lavorare – racconta l’artista non professionista, considerando che nella vita è stato dirigente d’azienda, consulente e anche politico, avendo ricoperto l’incarico di assessore sia a Monza che a Lecco e quello di deputato dal 1994 al 1996 –
Sono tornato a coltivare moltissimo la passione per la fotografia con l’avvento della tecnica digitale, perché sembra di usare il pennello.
Sia chiaro: io non ricorro all’elaborazione successiva delle immagini sul computer, non so neanche usare Photoshop! Io sperimento in diretta, creo le mie opere lavorando con tempi e diaframmi e gli altri accorgimenti tecnologici di cui sono dotate le macchine fotografiche attuali.
Non a caso le mie fotografie le chiamo quadri fotografici”.

A notare le sue qualità artistiche è stato nel 2009 un gruppo di giovani musicisti di jazz latino: “Avevo scattato alcune foto di loro sul palco e sono piaciute. Mi hanno poi spinto a mostrare le mie opere al pubblico”. E così sono arrivate le mostre “CittàDiNote”, “Monza da scoprire”, “marEparole: il dialogo”, “NYCielo”, “TerrAmare”, “fil rouge TerrAmareCielo”, “tra i cieli di NYC”. “Dopo l’Africa, New York è il luogo che amo di più – spiega Gilberti – Ci sono stato la prima volta nel 2004 e sono rimasto rapito dal fatto che è da ammirare a testa in su. Infatti in questo caso le mie opere sono affreschi fotografici, da appendere al soffitto”.

Nel 2010 ha ottenuto il primo premio: ha vinto, per la categoria Fotografia, la XXII edizione del Premio delle Arti – Premio della Cultura.

Fonte: Il Vostro Quotidiano
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