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Kenya La caduta di Chisimaio, il futuro della Somalia e la minaccia al Kenya

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jannis
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Kenya La caduta di Chisimaio, il futuro della Somalia e la minaccia al Kenya Empty Kenya La caduta di Chisimaio, il futuro della Somalia e la minaccia al Kenya

Mar 02 Ott 2012, 18:25
L'ultima roccaforte delle milizie islamiche di Al Shabaab è stata conquistata dalle truppe dell'Amisom, dell'Unione Africana e dell'esercito somalo. Decisivo il ruolo del Kenya, che ora però rischia di diventare la meta dei terroristi in rotta. In questa logica si spiega l'attentato di domenica alla chiesa di Nairobi.


In Somalia, l’ultimo, mortale, colpo alle milizie dell’Al Shabaab è stato sferrato il 28 settembre. In un’operazione congiunta delle forze del Kenya, integrate nella missione Amisom, con quelle del contingente dell’Unione Africana e quelle del ricostituito esercito somalo, alle 02:00 antimeridiane del 28 settembre è stata riconquistata la città di Chisimaio, ultima roccaforte delle milizie islamiche dell’Al Shabaab.

L’operazione, pianificata da tempo, sebbene ufficialmente congiunta e sotto il cappello dell’Amisom, è stata in realtà condotta e gestita quasi esclusivamente dalle forze militari del Kenya, che hanno impiegato un gran numero di unità terrestri e anfibie, due squadroni aerei e numerose unità navali.

I combattimenti non sono durati a lungo e l’intera operazione si è conclusa in meno di sei ore. La prima fase dell’attacco è stata condotta dall’aviazione di Nairobi, che ha colpito alcune delle installazioni che ospitavano i posti comando dell’Al Shabaab, uccidendo quasi immediatamente Hassan Yakub e Abdikarim Adow, due dei principali leader militari delle milizie islamiche. Contestualmente, le unità navali al largo della città hanno aperto il fuoco con pezzi di artiglieria e missili, colpendo in profondità le postazioni dei miliziani, aprendo la strada alle forze di terra che, intorno alla mezzanotte, hanno fatto il loro ingresso a Chisimaio, espugnandola pressoché integralmente solo due ore dopo.

Le milizie dell’Al Shabaab non hanno opposto particolare resistenza. Fedeli alla loro nuova disciplina operativa, che sconsiglia categoricamente di ingaggiare in modo diretto le truppe dell’Amisom e quelle dell’esercito somalo - ormai anch’esse in netta superiorità numerica - i miliziani hanno frettolosamente lasciato la città, dirigendosi a nord e nord-ovest. Uniche direzioni lasciate libere dagli assalitori, per costringere i miliziani a spingersi nelle aree rurali, dove sempre più difficile diventa per questi la possibilità di approvvigionarsi e gestire la propria logistica.

Poco dopo, nel cuore della notte, un comunicato diramato dal portavoce dell’Al Shabaab, Ali Mohammed Rage, ha comunicato la decisione “tattica” di lasciare la città, per riorganizzare le forze e preparare un contrattacco. La conferma della disfatta.

Kenya La caduta di Chisimaio, il futuro della Somalia e la minaccia al Kenya 504_3110
[Carta di Laura Canali]

Il valore strategico di Chisimaio

Si combatteva da quasi un anno nei dintorni della città di Chisimaio, grande porto della Somalia meridionale che rappresentava la giugulare del trasporto di beni ed armi per l’Al Shabaab, che ha cambiato molte volte la sua strategia per difendere una posizione così strategica per i propri interessi. Le forze militari keniane e le milizie di Ras-Kamboni, alleate del governo somalo, da diversi mesi erano impegnate in aspri combattimenti contro le unità delle milizie islamiche. Lentamente hanno assunto il controllo di porzioni di territorio sempre più vicine al capoluogo provinciale, come nel caso delle recenti conquiste delle cittadine di Afmadow e Biibi.

Ma la città era ben difesa, e azzardare un’operazione di terra nel centro urbano del grande porto della Somalia meridionale sarebbe equivalso a preparare una carneficina. I keniani hanno quindi deciso di cingerla d’assedio, soffocando ogni elemento di resistenza all’esterno della cinta urbana e costringendo le milizie islamiche alla fuga o alla resa. Ciononostante, il porto di Chisimaio ha continuato a ricevere per mesi rifornimenti via mare, in barba alla presenza di unità militari della Nato e dello stesso Kenya, permettendo in tal modo agli islamici di resistere a lungo.

Secondo voci diffuse nei mesi scorsi da Somalia Report, il comando dell’Al Shabaab di Chisimaio avrebbe mobilitato e armato gran parte della popolazione, dopo aver ottenuto da questa assicurazioni circa la volontà di combattere al loro fianco. La notizia, che aveva lasciato perplessi gli analisti, si è rivelata totalmente infondata. La gran parte dei civili ha preferito barricarsi nelle case o scappare in direzione dell’aeroporto, dove ha potuto trovare rifugio presso i comandi keniani. Non sono stati segnalati combattimenti con i civili nella città, che ha al contrario accolto con entusiasmo le forze di Nairobi, dell’Amisom e, soprattutto, quelle somale.

Ciò che gli analisti oggi temono, invece, è un possibile scontro per il controllo della città - una volta sconfitte definitivamente le milizie dell’Al Shabaab - tra le unità al comando del colonnello Barre Hirrale, del sottoclan Marehan dei Darood, che ha controllato la città per otto anni fino alla sua caduta nel 2007, e Ahmed Madobe, sempre un Darood, ma del sottoclan dell’Ogaden, oggi comandante delle milizie di Ras Kamboni. Le due formazioni, oggi alleate del Kenya ed impegnate nella riconquista del territorio, non hanno mai fatto mistero delle loro ambizioni sul controllo dei lucrosi traffici generati dalle attività portuali della città. Molti temono che questo possa trasformarsi in una nuova violenta lotta di potere.

Quale futuro per l’Al Shabaab?

Non c’è dubbio che la caduta di Chisimaio costituisca una débâcle spaventosa per le milizie islamiche. Senza i proventi derivanti dai commerci portuali, con le linee di rifornimento interrotte e costretti a organizzarsi nelle aree rurali nel bel mezzo della stagione delle piogge, non sarà facile per l’Al Shabaab.

Si è fatto un gran parlare in Europa circa il controllo del territorio da parte delle milizie islamiche, mostrando carte geografiche in cui solo le aree urbane risultano sotto il controllo dell’Amisom e delle autorità somale, mentre la restante parte del territorio viene indicata come dominio dell’Al Shabaab. Tralasciando l’effettiva capacità di controllo delle campagne, questione ancora tutta da dimostrare, le aree dove le milizie islamiche hanno ritirato le proprie forze sono geomorfologicamente tra le più impervie od ostili al mondo, senza pressoché alcuna risorsa e, soprattutto, soggette agli effetti climatici delle quattro stagioni somale. Quanto di peggio, in sintesi, per garantire la sopravvivenza di un’organizzazione come quella dell’Al Shabaab.

La città e il porto di Chisimaio non rappresentano solo un simbolo nella lotta per la normalizzazione della crisi somala. Si tratta anche e soprattutto di un importantissimo snodo economico e logistico, di fondamentale importanza non solo per il governo di Mogadiscio, ma anche per le forze dell’Amisom e del Kenya in particolare. Che potranno da oggi approvvigionare le proprie linee logistiche direttamente via mare, evitando la penisola di Ras Kyamboni, ancora fortemente presidiata da unità sbandate dell’Al Shabaab e da gruppi di criminali comuni.

Le milizie islamiche si erano frammentate in più gruppi di medio-piccole dimensioni dopo la fuga da Mogadiscio, raggruppandosi in parte a Kisimayo e in parte in altri villaggi della costa, mentre una componente più radicale aveva tentato di resistere nelle immediate vicinanze della capitale conducendo attacchi terroristici e agguati ai convogli dei rifornimenti. Sebbene non debellata, come dimostrano gli ultimi sanguinosi attacchi anche al centro di Mogadiscio, la cellula operativa nei dintorni della città è stata fortemente ridimensionata nella consistenza e nella capacità d’azione dalle costanti operazioni delle forze dell’Amisom e delle unità somale.

Le unità fuggite nel sud del paese, invece, hanno cercato di riorganizzare la propria logistica nelle città della costa, saccheggiando le attività commerciali e i trasporti, vessando la popolazione civile e cercando di contrastare le forze dell’Amisom e nazionali attraverso attacchi a sorpresa e piccoli attentati. Una strategia che, alla lunga, si è dimostrata distruttiva per l’Al Shabaab e la sua capacità di sopravvivenza: le ha infatti alienato ogni residuo sostegno da parte della popolazione civile e si è tradotta in una serie di continui rovesci militari che si sono conclusi con la caduta dell’ultima roccaforte di Chisimaio.

Restano nell’area centrale della Somalia, e soprattutto nelle immediate vicinanze di Mogadiscio, le unità scissioniste di Hizbul Islam, comandate da Sheikh Hassan Dahir Aweys, che hanno platealmente rotto con la struttura centrale dell’Al Shabaab lo scorso 24 settembre per ragioni ideologiche e di gestione operativa. Il quartier generale del gruppo sarebbe ancora a Barawa, a sud della capitale, poco oltre la città di Merka. Poco più a nord, nel villaggio di Diinsoor, sarebbe invece nascosto Sheikh Mukthar Robow, a capo di un’ulteriore gemmazione dell’Al Shabaab, impegnata nel disperato tentativo di conquistare il più grande villaggio di Baardheere. Nella stessa area si nasconderebbe anche Ahmed Abdi Godane, a capo di un’altra cellula scissionista che ha manifestamente professato la sua adesione alla rete di al Qaida.

Con la caduta di Chisimaio e il consolidamento sul terreno delle forze dell’Amisom, si stringe sempre più la morsa delle forze militari multinazionali e locali contro le unità dell’Al Shabaab, e adesso si riduce considerevolmente l’area geografica di operazione. Alla caccia contro le milizie islamiste partecipano attivamente gli Stati Uniti, con il supporto di numerosi droni in costante pattugliamento del territorio, e un’unità mista della Cia e dei Navy Seals ufficiosamente stanziata nella parte settentrionale dell’aeroporto di Mogadiscio.

La minaccia al Kenya

Con la disfatta e lo sbando delle milizie islamiche in Somalia, il rischio è oggi quello di uno spostamento dei superstiti in direzione del Kenya. Non solo per vendicarsi del ruolo svolto dalle truppe di Nairobi in Somalia al fianco dell’Amisom, ma anche e soprattutto per trovare un rifugio dove poter riorganizzare le proprie forze.

Non sarà facile far transitare i resti delle unità ancora allo sbando attraverso la poderosa maglia di sicurezza messa in atto dal Kenya e dall’Amisom nel sud e nel centro della Somalia, ma le masse di profughi ancora in movimento nella regione e le comunità accampate a ridosso del confine potranno rappresentare un’ottima copertura.

L’obiettivo, quindi, è quello di raggiungere aree remote del Kenya settentrionale dove poter riorganizzare le forze e condurre azioni di razzia atte ad alimentare la logistica delle milizie, per poi condurre attentati soprattutto nelle aree urbane, dove l’impatto è alimentato dal ruolo della stampa.

È in questa logica che, presumibilmente, deve inserirsi l’attentato del 30 settembre a Nairobi contro la chiesa cristiano-evangelica di San Policarpo, quando una bomba a mano è stata lanciata in un locale attiguo alla chiesa, dove si svolgeva una lezione di catechismo per un gruppo di bambini. L'attentato ha provocato la morte di un bambino e il ferimento di altri quattro.

Articolo di di Nicola PeddeLIMES

Spero che i timori dell’articolista, condivisibili da altri esperti internazionali e Keniani, non trovano riscontro. Portare altra tensione proprio mentre il paese è alle prese con la campagna elettorale per le elezioni di marzo 2013......
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Gio 04 Ott 2012, 13:26
ATTENTATI IN KENYA: PIU' IDIOZIA CHE TERRORISMO
MA BISOGNA STARE ATTENTI AL PRINCIPIO D'IMITAZIONE

Siamo lontani parecchi chilometri dai luoghi turistici di cui siamo soliti parlare, ma è inutile negare che ci sia una certa preoccupazione per il dilagare degli attentati dinamitardi che interessano la capitale del Kenya Nairobi e alcune altre cittadine e villaggi verso il nord est del Paese e il confine somalo. Dall'inizio della guerra che il Kenya ha dichiarato ai ribelli somali appartenenti alla frangia islamica estremista denominata "Al Shabaab" ("La gioventù"), si sono verificati episodi di violenza che hanno connotazioni particolari. E' doverso precisare che nelle città, a differenza delle zone isolate e desertiche ad alta concentrazione di somali come Wajir e Garissa, si è sempre trattato di attacchi portati da una o al massimo due persone, armati di una o due granate. Non in tutte le circostanze gli attacchi sono andati a segno. Nel caso di una fermata dell'autobus si sono registrati quattro morti, negli altri episodi al massimo due per attentato. Allorché i colpevoli sono stati individuati, loro stessi hanno ammesso che si trattava di attentati a titolo personale e Al Shabaab non ha mai rivendicato attacchi nella Capitale (pratica invece diffusa con orgoglio e attuata a Wajir e nel campo profughi di Dadaab). Non sembra di dover parlare di strategia o di precisi piani terroristici, ma più che altro di azioni scellerate di fanatici che si sono procurati gli ordigni e hanno deciso di compiere azioni di vendetta quasi sempre dopo significative conquiste dell'esercito keniota in Somalia. L'ultima, in una chiesa anglicana, proprio all'indomani dell'occupazione di Chisimaio, l'operazione che potrebbe mettere in crisi definitivamente Al Shabaab. Mentre si registrano in Italia le prese di posizione dei soliti catto-catastrofisti che accomunano le stragi nigeriane agli attentati kenioti e che parlano di "disegno islamico in Africa per annientare il cristianesimo", quello che invece deve preoccupare è il principio di imitazione. Gli islamici spinti all'estremismo anche da altri fattori che non sono la guerra in Somalia, sanno che colpendo un luogo cristiano non faranno vittime mussulmane. Nel resto del Paese e principalmente sulla costa, la convivenza tra le due religioni e i loro adepti è pacifica come sempre. Malindi resta un esempio di come il buon senso e le esigenze comuni possano insegnare l'integrazione. Speriamo che l'intolleranza e le spinte dall'esterno della cultura dell'odio che arriva da entrambe le parti non influiscano in modo negativo su questi paradisi che fino ad ora ne sono rimasti sempre distanti. (Freddie del Curatolo
Fonte: Malindikenya
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Condivido, solo in parte quanto afferma Freddie nel suo articolo,quello che sta succedendo in Kenya indipendentemente dal luogo è un forte deterrente per chi si accinge a decidere le proprie vacanze.
Si ha un bel dire, "Venite pure in vacanza in Kenya, sulla Costa è tutto tranquillo e queste cose non succedono".
Sarà anche cosi ed io ci voglio credere, ma per chi si avvicina la prima volta al Kenya con l'intenzione di passarvi un periodo di vacanza, queste notizie sono deterrenti, questo unito alle affermazioni di certe agenzie turistiche che consigliano altri luoghi, non fanno certamente bene al turismo keniota.
In più si deve aggiungere a tutto questo la crisi che sta passando il nostro paese, che certamente non invoglia ad andare in vacanza.
Quindi pur con sommo dispiacere quando qualcuno si meraviglia di questa situazione ed insiste a dire o a scrivere che non ci sono problemi, mi vien da sorridere.
Il Kenya dal lato turistico sta passando un brutto momento, oltretutto in questi ultimi tempi nel paese ci sono stati aumenti sulle tasse turistiche, lavorative,sulla benzina e su gran parte della filiera alimentare, che certamente non sono di aiuto al turismo.
Ora aspettiamo il mese di marzo,mese di elezioni e speriamo che siano elezioni senza problemi, il ricordo delle elezioni dicembre 2007 è ancora ben vivo nei keniani e in chi frequenta il Kenya.
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Gio 04 Ott 2012, 16:20
A onor del vero sia a Watamu-Malindi che alla costa del sud, Mombasa e dintorni esclusi, regna pace e tranquillità, come è altrettanto vero che non c’è mai stata in Kenya una qualsiasi forma di lotta armata religiosa e gli episodi registrati sono senza regia o qualsivoglia disegno .
È altrettanto vero però la situazione sicurezza percepita in Kenya negli ultimi 2 anni non è la stessa di prima, un po’ di perplessità e inquietudine c’è. L’avvicinarsi delle elezioni crea qualche pensiero in più anche se la situazione attuale sembra ben diversa da quella del 2007. Certo, gli attentati per quando sporadici e non orchestrati pesano sul turismo è la scelta della destinazione, come è palese la difficoltà in cui versa il settore, special modo sulla costa, dovuta anche ad altre cause.
Se uniamo anche l’inettidune del Ministero del Turismo Keniota e l’incapacità del Kenya Tourist Board di attuare una qualsiasi misura di sostegno o provvedimenti atti ad arginare la situazione lascia alquanto perplessi, abbiamo un quadro fosco. È un direttorio del turismo in disfacimento da dove escono solamente scandali, corruzioni, azioni insensate e controproducenti, lasciando non solo in balia l’intero comparto del turismo ma aggravando, fosse bisogno, la situazione.
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Ven 05 Ott 2012, 19:19
Forse non è più solo idiozia, come ha scritto Freddie, su Malindikenya

Kilifi Kenya - assalto a raduno politico, 4 morti.

Qua sotto uno stralcio di notizie apparse sui giornali di oggi in Kenya


Erano una banda di giovani armati di machete che hanno attaccato nel corso di un incontro politico indetto dai giovani del paese con il ministro della Pesca Amason Kingi a Mtwapa, Kilifi County.
Il Ministro Amason si candiderà come Governatore del distretto alle prossime elezioni.

Uno dei morti è la guardia del corpo del ministro, AP Constable Maitha Harrison, che ha subito gravi tagli in testa ed è morto all'arrivo in ospedale Jocham a Mombasa.

Gli altri tre morti erano i predoni, linciati dai residenti inferociti, che li hanno inseguiti dopo il tentivo di fuga.Tutti gli altri sono riusciti a fuggire.

Il Signor Kingi, che è il MP Magarini, aspira a essere governatore di Kilifi County.
Quasi alla fine dell'incontro gli assalitori hanno iniziato a urlare e hanno estratto i machete affilati nascosti nei loro vestiti e hanno attaccato la folla.
L'attacco brutale ha causato anche parecchi feriti.
Altri testimoni hanno detto che gli aggressori gridavano slogan Repubblicani .

Parlando alla nazione, il signor Kingi ha detto che era stato invitato alla riunione dai giovani della zona per discutere di sviluppo e anche per propagandare la sua candidatura elettorale.

Parlando al telefono dal Jocham Hospital dove si è recato per vedere il corpo della sua guardia Maitha, il signor Kingi ha detto che c'è bisogno di raddoppiare la polizia in Coast Province a seguito di casi crescenti di insicurezza.

"E' un peccato che stiamo perdendo la vita ogni giorno. Abbiamo perso un certo numero di persone in Kaloleni l'altro giorno, è per questo che mi muoverò per ordinare più polizia da essere distribuita per evitare questi casi in futuro, mentre ci avviciniamo al periodo elettorale ", ha detto Kingi.

L'attacco arriva un giorno dopo che in un rapporto il Daily Nation ha rivelato il proliferare di gruppi di miliziani in tutta la regione della Costa.

La scorsa settimana, un gruppo ha ucciso un abitante del villaggio che aveva guidato la polizia nel loro covo.
Inoltre bande armate hanno fatto un'azione di rappresaglia contro gli abitanti del villaggio, durante il quale hanno ucciso 14 persone.
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Fuoco di paglia o già schermaglie elettorali, staremo a vedere.
Vi è da dire in merito all'accaduto che Kilifi non è tanto lontano da Watamu e Malindi.
Personalmente la cosa non mi fa ne caldo ne freddo, ma i futuri turisti che si apprestano a prenotare una vacanza in Kenya, come la penseranno....

icarus76
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Ven 05 Ott 2012, 19:59
Più che altro chi si appresta ad acquistare una casa come me cosa pensa?? Soprattutto considerato il fatto che resterò a Malindi 1 mese per verificare alcune cose.

Non so cosa pensare... certo è che qualche dubbio te lo mettono queste pessime notizie.
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Ven 05 Ott 2012, 20:09
icarus76 ha scritto:Più che altro chi si appresta ad acquistare una casa come me cosa pensa?? Soprattutto considerato il fatto che resterò a Malindi 1 mese per verificare alcune cose.

Non so cosa pensare... certo è che qualche dubbio te lo mettono queste pessime notizie.

Qualsiasi cosa si faccia qui ha una percentuale di rischio maggiore rispetto ad altrove.
Se si vuole fare meglio non pensare e farla in quanto la situazione in questi paesi puo' cambiare radicalmente nel giro di 24 ore e il rischio di lasciarci tutto e' una spada di damocle che pende su tutti noi che ci lavoriamo e abbiamo investito soldi e futuro.
Fa parte del gioco dell'investimento in paesi del terzo mondo con democrazie ancora troppo acerbe.
Tutti si preoccupano di 4 sbandati Somali mal organizzati che al massimo possono fare qualche azione dimostrativa senza capire che i rischi sono di tutt'altra natura.
Come sempre mio personalissimo pensiero.
Ciao
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