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Kenya Daphne, la Dama che parla la lingua degli elefanti

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Kenya  Daphne, la Dama che parla la lingua degli elefanti Empty Kenya Daphne, la Dama che parla la lingua degli elefanti

Lun 28 Mag 2012, 09:53
Daphne, la Dama che parla la lingua degli elefanti

Kenya  Daphne, la Dama che parla la lingua degli elefanti Dama_e10

Dopo una vita passata ad allevarli, Lady Sheldrick racconta tutto ciò che sa sugli «animali più umani»

Crescono bevendo latte per bambini, gli orfani si proteggono a vicenda, svezzano i figli portandoli di notte nei luoghi più selvaggi e a distanza di anni tornano sul luogo di sepoltura dei propri cari: a raccontare gli elefanti come «animali umani» è Daphne Sheldrick, la naturalista anglosassone nata in Kenya 77 anni fa che ha dedicato la vita ad allevare oltre 140 pachidermi africani.

Figlia di coloni scozzesi, sposata in seconde nozze con David Sheldrick, per decenni guardiano del Tsavo National Park in Kenya, madre di due figlie e innamorata degli elefanti da quando, appena ventenne, finì sotto un esemplare di quattro tonnellate che anziché schiacciarla la salvò un rapido movimento della proboscide, Daphne nel 1989 è stata nominata «Dama» dalla regina Elisabetta d’Inghilterra per l’impegno a favore degli elefanti attraverso il «Fondo per la natura» intitolato al marito, la cui missione è salvare, allevare e rimettere in libertà il maggior numero possibile di elefanti rimasti orfani a causa dei bracconieri a caccia di zanne d’avorio.

È la pubblicazione dell’autobiografia «Love, Live and Elephants: An African Love Story» per i tipi di Farrar, Straus e Giroux, accompagnata da una lunga intervista-confessione a «60 Minutes» sulla tv Cbs e da un evento-show al Museo di storia naturale di Washington, a precipitare l’America nel mondo della «Dama degli elefanti» - come è stata subito rinominata - che appassiona per la miriade di dettagli e episodi quasi magici che racconta.

Tutto incomincia dal latte, senza il quale gli orfani sarebbero destinati a morte certa.
«Il problema è che quello di mucca non lo digeriscono», dunque la prima necessità fu di comprendere come sostituirlo «e la scoperta è stata che amavano la formula per bambini».
Si trattò del «primo segnale di un’umanità» che Daphne Sheldrick ha poi ritrovato «quando un weekend dovetti assentarmi, lasciando un piccolo elefante che mi si era affezionato molto ed al ritorno lo trovai morto dal dolore».

Un altro aspetto è la «solidarietà fra vecchi e nuovi orfani» ovvero gli elefanti che già si trovano nel centro di accoglienza creato nel Tzavo National Park e quelli appena arrivati: «I vecchi si riuniscono in gruppi quando arrivano quelli nuovi, per dargli sicurezza, e gli restano attorno fino a quando non si integrano al gruppo». In alcuni casi gli orfani arrivano con uno dei genitori dopo l’uccisione dell’altro e la Dama ha così potuto osservare che «per far crescere in fretta il piccolo, la madre o il padre escono di notte conlui, lo portano in luogo lontano, sperduto e selvaggio» per poi tornare nel campo all’alba, all’evidente fine di «sottoporre il piccolo all’esame più difficile».

E ciò si ripete per «molte notti di seguito» fino a quando il genitore matura la percezione che il figlio può badare a se stesso.
«Gli elefanti sono animali umani, intelligenti come noi e a volte anche più di noi» assicura Daphne Sheldrick, soffermandosi anche sulla descrizione del «rito di omaggio ai defunti» che vede i pachidermi «tornare a distanza di tempo, anche di molti anni, nel luogo dove sono sepolti i propri cari per mettere con le proboscidi arbusti e foglie sopra la tomba e quindi sostare in silenzio, per piangerli assieme agli altri famigliari».

Questo mondo tuttavia è in pericolo per la moltiplicazione dei bracconieri che ha ridotto in 30 anni la popolazione globale degli elefanti da oltre 1,3 milioni a 500 mila «soprattutto per la crescente richiesta di zanne che viene dai mercati asiatici e in particolare dalla Cina, dove è comune l’ambizione di disporre di anelli o sigilli di avorio come emblema di potenza personale».

Gli elefanti «sanno che vengono uccisi a causa delle loro zanne» e dunque sono consapevoli dei rischi che incombono su di loro. «Chi vuole aiutarli ha solo una maniera per farlo - assicura la combattiva Dama, allo spiccato accento britannico - distruggere tutto l’avorio che trova, in casa o altrove, al fine di bloccare all’origine il commercio-killer che alimenta la più orrenda delle stragi».

Fonte: La Stampa.It

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